[i]

COLLEZIONE

DE’ MIGLIORI

AUTORI ITALIANI

ANTICHI E MODERNI
VOL. XL


LA GUERRA

DEL VESPRO SICILIANO

VOLUME SECONDO

[ii]

DALLA STAMPERIA DI CRAPELET

9, RUE DE VAUGIRARD


[iii]

LA GUERRA
DEL
VESPRO SICILIANO

O

UN PERIODO DELLE ISTORIE SICILIANE

DEL SECOLO XIII

PER

MICHELE AMARI

SECONDA EDIZIONE

ACCRESCIUTA E CORRETTA DALL’AUTORE

E CORREDATA DI NUOVI DOCUMENTI

PARIGI

BAUDRY, LIBRERIA EUROPEA

3, QUAI MALAQUAIS, PRÈS LE PONT DES ARTS

STASSIN ET XAVIER, 9, RUE DU COQ

1843


[iv]
[1]

LA GUERRA

DEL

VESPRO SICILIANO.


CAPITOLO XIII.

Naufragio dell’armata al ritorno in Sicilia. Giacomo coronato re. Capitolidel parlamento di Palermo; privilegi ai Catalani. Fazioni di guerra.Supplizio d’Alaimo di Lentini. Agosta occupata da’ nemici, e da’ nostriripresa. Seconda vittoria navale nel golfo di Napoli. Trattato della liberazionedi Carlo lo Zoppo. Passaggio di re Giacomo sopra il reame diNapoli. Tregua di Gaeta. Pratiche di pace generale e crociata, conchiusea danno della Sicilia. Morte di Alfonso re d’Aragona, al qualesuccede Giacomo. Novembre 1285–giugno 1291.

Come la morte di re Pietro, annunziata ad Alfonso inMaiorca, si sparse per la siciliana flotta, divampovvi colpronto veder delle nostre plebi una brama di tornarsenein patria. E in vero, con Aragona altro legame non rimaneache d’amistà; ma era a temer che mancato quel valorosoprincipe, i nimici ritentassero la Sicilia: e chi puòdir se le menti sì aguzze al sospetto non immaginaron dispostii Catalani a ritenersi l’armata? Pertanto scoppia trale ciurme un grido: «In Sicilia! in Sicilia!» e perchèl’ammiraglio dubbioso rispondea, che a gran rischio navigherebberoin quel procelloso romper di verno, la moltitudinerincalzata da Federigo Falcone da Messina, viceammiraglio[1], peggio ostinandosi, ammutinata ripigliava[2]«In Sicilia! e muoia chi nol vuole.» Questa nè cieca nèvolgare carità di patria, che i nostri istorici biasman dall’esito,e sol guardando al danno che ne incolse all’armata,non a quello che s’ovviò alla Sicilia, sforzava i capitani afar vela a ventitrè novembre, parendo bonaccia. Rincruditoil vento, cacciolli a Minorca. Ripartirono; ma soffiò sìatroce il tre dicembre, che la flotta tra Sardegna e le Balearie su per lo golfo del Lione per tre dì orribilmentefortuneggiava. Comanda l’ammiraglio di prendere il largo,accender fanali alle navi per cansar gli urti, ristopparegli struciti, del resto facendo prua a scirocco abbandonarsialla fortuna. Ma con tutta l’arte e l’ardire, due galeemessinesi, due d’Agosta, una di Catania, una di Sciacca,rompendo in acqua, miseramente naufragarono; e vi perìanco il Falcone. Le altre quaranta fean g

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